Le colonne furono una parte del bottino di guerra vinta da Costantinopoli con l’appoggio dei Veneziani e nel piano originario sarebbero dovute essere tre, imbarcate su tre navi diverse.
La leggenda racconta che una di queste si rovesciò perdendo la pesantissima colonna nei fondali limacciosi della laguna e tale era la quantità di fanghiglia che mai più si ritrovò la colonna naufragata. Le altre due furono depositate sulla riva in Piazza San Marco e così rimasero per oltre un secolo perché nessuno era in grado si innalzarle.
Solo intorno al XII secolo, Nicolò Barattieri, costruttore bergamasco, si ingegnò e, attraverso un astuto sistema di leve e corde, le issò esattamente nel luogo in cui ancora oggi possiamo ammirarle. Tra le due colonne vi era una zona legalmente riconosciuta, unica a Venezia, in cui era permesso giocare d’azzardo, ma a partire dal XVIII secolo divenne il luogo in cui si svolgevano le esecuzioni capitali.
Ancor oggi c’è un detto veneziano che recita: “Ti vol che te fassa veder mi che ora che xè?” (“Vuoi che ti faccia vedere io che ora è?”) che si riferisce al fatto che le esecuzioni venivano operate tenendo il condannato con le spalle rivolte alla laguna e quindi l’ultima cosa che avrebbe visto prima di morire era la torre dell’orologio dei Mori.
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